Obblighi di informazione e formazione del dipendente: per gli infiammabili e la CO2 si pone la questione
Con la certificazione Fgas non si esperisce agli obblighi di formazione e informazione quando si usano i refrigeranti infiammabili o la CO2
05 febbraio 2022
I "nuovi refrigeranti", soprattutto quelli "naturali" (tra i quali il propano R290 e l'anidride carbonica R744) pongono alle imprese alcuni obblighi da adempiere per poter salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e per tenere l'impresa manlevata da improprie manovre effettuate colpevolmente e dalle relative conseguenze.
Questi obblighi si riferiscono alla necessaria informazione e formazione dei lavoratori e all'obbligo di supervisione nei cantieri.
Poniamo la questione per evitare di andare incontro a situazioni pericolose e prevenire anche in quei casi gli infortuni sul lavoro.
Già esistono alcune norme volte atutelare la salute del lavoratore. Talvolta, l’imprudenza, la negligenza, la disattenzione e l’imperizia del lavoratore possono dar luogo ad incidenti sul posto di lavoro, soprattutto se si opera con tecnolgie (refrigeranti) non consuete e per le quali non si pone la necessaria attenzione ovvero non si è stati sufficientemente formati sulle relative procedure e rischi.
Il datore di lavoro sarà responsabile dell’infortunio qualora non abbia effettuato i dovuti controlli sull’operato del lavoratore e qualora non favorisca l’adozione delle misure di sicurezza idonee a salvaguardare la sua salute. Solo nel caso in cui il lavoratore abbia messo in atto una condotta abnorme e inopinabile sarà totalmente esclusa la responsabilità del datore di lavoro.
Obbligo del datore di lavoro di vigilare sull’osservanza per la tutela della sicurezza
In tema di infortuni sul lavoro, l’obbligo del datore di lavoro di vigilare sull’esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza.
Questo potrà esser dichiarato soddisfatto se la formazione aziendale è stata specifica (art. 37 D.Lgs 81/08) ed esistono in azienda le dovute procedure che garantiscono il presidio.
In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, incombe sempre al datore di lavoro il compito di vigilare. Questo potrà esser fatto anche mediante la nomina di un preposto. Sulle modalità di svolgimento del lavoro dovrà così impedire l’instaurazione di prassi illecite foriere di pericoli per i lavoratori, con la conseguenza che, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, sarà fonte di responsabilità per i danni subito dall’infortunato (Cassazione penale sez. IV, 18/09/2020, n.26618).
Nel caso ad esempio di riparazioni effettuate su apparecchiature con infiammabili effettuate senza l'adozione delle adeguate procedure che possono portare ad un incidente, oppure, nel caso in cui l'azienda non abbia aggiornato l'attrezzatura per renderla adeguata al refrigerante stesso.
La responsabilità datoriale per l’infortunio occorso al dipendente può fondarsi sulla violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa ed alle misure di sicurezza per prevenirli.
La condotta del dipendente, non abnorme, benché imprudente, non può considerarsi concausa dell’evento dannoso quante volte, la stessa imprudenza, sia riconducibile all’inadempimento del datore di lavoro e questi non dimostri di aver fornito al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l’errore che fu causa dell’infortunio (Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, n.25102).
Infortunio sul lavoro: quando è esclusa la responsabilità del datore?
Il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza e ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante e imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Ne consegue che il datore di lavoro, quale destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia qualificabile come “abnorme”. Ciò si verifica in caso di condotta imprudente posta in essere dal lavoratore del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro medesimo; oppure quando la condotta, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, si sia sostanziata in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
Un esempio, forse stupido, ma reale, è effettuare manovre in un circuito ad alta pressione come quelli della CO2, senza aver effettuato una adeguata analisi dei rischi, rispettato le distanze di sicurezza, aver controllato il posizionamento degli organi di sicurezza, etc.
(Ciò non è accaduto nella fattispecie, dove il legale rappresentante di una società di costruzioni e il direttore dei lavori sono stati condannati per le lesioni occorse ad alcuni lavoratori a causa del crollo del solaio, non adeguatamente puntellato, senza che le condotte dei dipendenti abbiano assunto alcun rilievo abnorme, Tribunale Nola, 18/07/2018, n.1033).
Negligenza del lavoratore: il datore è responsabile dell’infortunio?
A norma dell’art. 2087 c.c., il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, anche qualora esso sia ascrivibile non solo ad una disattenzione, ma anche a sua imperizia, negligenza e imprudenza. È invece esonerato da ogni responsabilità solo nel caso in cui il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità e esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo tipico e alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell’evento. Questo, ad esempio, la chiara conclusione della Cassazione civile sez. lav., 18/06/2018, n.16047.
E' dunque più che raccomandato provvedere ad informare e formare i lavoratori dei rischi specifici e delle corrette prassi, procedure e norme relative a quei refrigeranti che sono entrati nell'attività giornaliera, ma che, ancora, vengono trattati come se fossero "tradizionali" HFC, per i quali, addirittura, molti pensano ancora che una Certificaizone Fgas sia una "patente" da frigorista!!!
CSIM offre corsi specifici a completamento e complemento della formazione rischi specifici di cui all'art. 37 del DLgs 81/08 per le imprese della refrigerazione e climatizzazione (definite ad "alto rischio"), nei settori della normativa tecnica di riferimento, la EN 378 (la "regola dell'arte"), dei refrigeranti infiammabili e della CO2.
Per informazioni: info(at)csimservizi.it
La Redazione